È stato il primo evento mediatico del 2008 (anche se iniziato nel 2007), con un tam tam in rete che non si vedeva dai tempi di The Blair Witch Project: Cloverfield, ha suscitato la curiosità del pubblico e degli addetti ai lavori grazie ad un trailer che nulla mostrava e tutto lasciava intuire.
Anche se si tratta di un film per la sala, Cloverfield ha un doppio legame con la tv: il primo, forse il tratto più evidente, è nel nome del creatore del progetto, quel J.J.Abrams creatore di capolavori del piccolo schermo come Alias, Lost e regista della prossima trasposizione sul grande schermo di un altro cult, Star Trek. Senza dimenticare che la sceneggiatura del film è opera di Drew Goddard, già sceneggiatore di Buffy, Angel, Alias e Lost.
Il secondo tratto è una necessaria riflessione sul linguaggio proposto dal film. Se già Blair Witch Project ibridava i linguaggi del video domestico e del cinema, Cloverfield fa un ulteriore passo avanti, utilizzando l'estetica del digitale casalingo per mettere in scena un film blockbuster.
Tutto ciò che veniva intuito nel trailer è portato all'estremo nel film con la classica invasione del mostro di turno tutta mostrata attraverso una videocamera digitale portata da uno dei protagonisti.
A differenza dei film simili per genere, dove tutto è mostrato alla continua ricerca di stupore e spettacolarità, in Cloverfield assistiamo solo a piccole, sfocate immagini: uno scorcio di una figura mostruosa tra i grattacieli di New York, un primo piano della testa dello statua della libertà (che invece siamo abituati a scorgere solo da lontano), piccole mostruose figure che attraversano i tunnel del metrò mostrate solo grazie all'uso del nightshot.
L'eccesso della visione dal punto di vista della narrazione (tutto è raccontato poichè la videocamera resta praticamente sempre accesa), si contrappone ad una negazione della visione stessa poichè l'immagine è sempre destabilizzata dai continui movimenti e dalla visione notturna che sgrana figure e luci. La figura mostruosa non è mai ben definita, forse appena un po' meglio quando la visione è dall'alto dell'elicottero, quasi a voler suggerire che solo distaccandosi dall'oggetto osservato è possibile comprenderlo meglio.
Ma la forza del film è nell'improvviso evento che non ha spiegazione, tratto caratteristico di Abrams, maestro nel creare momenti ricchi di suspense che non hanno mai (o quasi mai) una spiegazione chiara e lineare, come ben sanno i fans di Alias e Lost.
E già si parla di un sequel....