domenica 17 febbraio 2008

Cloverfield: l'immagine negata



È stato il primo evento mediatico del 2008 (anche se iniziato nel 2007), con un tam tam in rete che non si vedeva dai tempi di The Blair Witch Project: Cloverfield, ha suscitato la curiosità del pubblico e degli addetti ai lavori grazie ad un trailer che nulla mostrava e tutto lasciava intuire.


Anche se si tratta di un film per la sala, Cloverfield ha un doppio legame con la tv: il primo, forse il tratto più evidente, è nel nome del creatore del progetto, quel J.J.Abrams creatore di capolavori del piccolo schermo come Alias, Lost e regista della prossima trasposizione sul grande schermo di un altro cult, Star Trek. Senza dimenticare che la sceneggiatura del film è opera di Drew Goddard, già sceneggiatore di Buffy, Angel, Alias e Lost.

Il secondo tratto è una necessaria riflessione sul linguaggio proposto dal film. Se già Blair Witch Project ibridava i linguaggi del video domestico e del cinema, Cloverfield fa un ulteriore passo avanti, utilizzando l'estetica del digitale casalingo per mettere in scena un film blockbuster.
Tutto ciò che veniva intuito nel trailer è portato all'estremo nel film con la classica invasione del mostro di turno tutta mostrata attraverso una videocamera digitale portata da uno dei protagonisti.

A differenza dei film simili per genere, dove tutto è mostrato alla continua ricerca di stupore e spettacolarità, in Cloverfield assistiamo solo a piccole, sfocate immagini: uno scorcio di una figura mostruosa tra i grattacieli di New York, un primo piano della testa dello statua della libertà (che invece siamo abituati a scorgere solo da lontano), piccole mostruose figure che attraversano i tunnel del metrò mostrate solo grazie all'uso del nightshot.

L'eccesso della visione dal punto di vista della narrazione (tutto è raccontato poichè la videocamera resta praticamente sempre accesa), si contrappone ad una negazione della visione stessa poichè l'immagine è sempre destabilizzata dai continui movimenti e dalla visione notturna che sgrana figure e luci. La figura mostruosa non è mai ben definita, forse appena un po' meglio quando la visione è dall'alto dell'elicottero, quasi a voler suggerire che solo distaccandosi dall'oggetto osservato è possibile comprenderlo meglio.

Ma la forza del film è nell'improvviso evento che non ha spiegazione, tratto caratteristico di Abrams, maestro nel creare momenti ricchi di suspense che non hanno mai (o quasi mai) una spiegazione chiara e lineare, come ben sanno i fans di Alias e Lost.
E già si parla di un sequel....

3 commenti:

Anonimo ha detto...

Io l'ho trovato un film geniale, anche solo per la riflessione che se ne può trarre dal mondo mediatico post 11 settembre. E se The Blair Witch Project è stato un geniale evento di marketing, questo film è un analisi interessante sul nuovo immaginario che si è sviluppato dal 2001.

whiterabbita ha detto...

Anche se non ho visto il film, trovo il tuo commento davvero bello. Io non ho studiato cinema (tranne un breve corso teorico di regia e qualche corso di fotografia), ma mi piace "studiare" Abrams. Farò un link al tuo blog perché mi piace molto.
Ciao, Elena.

Barbara Maio ha detto...

Grazie!
Vorrei avere più tempo per fare aggiornamenti....

Barbara