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Dopo i Sopranos, continuiamo con una serie di post sulle serie HBO in vista della prossima uscita del volume a mia cura HBO Style. Televisione, Autorialità, Estetica (Bulzoni Editore, Roma).
Generation Kill è una miniserie del 2008 creata da David Simon e Ed Burns, già creatori di The Wire sempre per HBO, tratta dal libro di Evan Wright che aveva seguito le truppe statunitensi per la rivista Rolling Stone.
La storia racconta l’entrata in Iraq dei primi marines statunitensi nel 2003. In particolare, la narrazione si focalizza su una pattuglia cosiddetta di “ricognizione”, dotata di armamento leggero e destinata ad esplorare e preparare il campo per successivi attacchi con armi pesanti. Generation Kill è un prodotto che lavora per antitesi e contrapposizioni: la struttura narrativa della serie si configura come un racconto “on the road” con destinazione Baghdad, che diventa presto un obiettivo-chimera, dove la maggior parte dell’azione è rappresentata dai continui spostamenti delle truppe. Contemporaneamente, la staticità è la vera chiave dello sviluppo narrativo dove protagonista è l’attesa: per identificare il nemico, per il nuovo obiettivo, per i rifornimenti. Anche se la serie presenta tutti i tratti iconici e di genere del war-movie, il focus non è sulla guerra ma sui soldati e sulle loro storie e interazioni. Qualunque sia il giudizio dello spettatore sulla guerra – in generale e su quella in Iraq – non si può non parteggiare per questi soldati “equipaggiati come Ferrari mandate ad un demolition derby”.
Nella composizione corale del cast, gli autori puntano al realismo cercando di connotare ogni personaggio evitando la stereotipi spesso presenti nel genere. Alcuni personaggi assurgono a protagonisti: il cronista Evan Wright (Lee Tergesen già protagonista di OZ nel ruolo di Tobias Beecher), il caposquadra Brad Colbert (Alexander Skarsgard, già visto in True Blood nel ruolo di Eric), il tenente Nathaniel Flick (Stark Sands) e il caporale Josh Person (James Ransone già in The Wire).
Costato più di 50 milioni di dollari e girato in sette mesi in diverse location africane, Generation Kill vuole essere uno sguardo realistico sull’ultima guerra combattuta dagli States bollata come un errore persino dall’ormai ex-Presidente Bush. Anche se pecca di alcune ingenuità e luoghi comuni l’opera di Simon e Burns tenta di mettere in piedi un affresco potente e crudele sulla società contemporanea.
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1 commento:
Insomma un prodotto da vedere sicuramente! anche se queste miniserie di guerra non sono proprio il mio genere :)
alla prossima recensione
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