La notizia era stata anticipata da Clark Gregg in persona qualche mese fa quando aveva rivelato che avrebbe diretto un episodio della prossima stagione di Agents of Shield e sempre il protagonista della serie ha ora confermato che proprio in questi giorni è al lavoro dietro la macchina da presa della serie per girare il sesto episodio che ha il titolo provvisorio di RAGTAG che, come sanno i fan della serie, è stato già utilizzato nella prima stagione.
Ancora nulla è stato rivelato sulla nuova stagione e sempre Clark Gregg ha solo suggerito che in questo episodio Daisy avrà un fidanzato alieno. Un vero indizio o uno scherzo? La battuta, comunque, potrebbe anche suggerire che al sesto episodio il team Coulson sarà ancora nello spazio.
La regia di Clark Gregg non sorprende visto che l'attore è anche
sceneggiatore ed ha diretto un corto e due lungometraggi, Soffocare e Trust Me.
Proprio quest'ultimo è un po' il "suo" film visto che lo ha anche
sceneggiato, prodotto ed interpretato. In occasione del ritorno dietro la
macchina da presa, vi propongo la recensione proprio di Trust Me, non
facilissimo da reperire in Italia ma da riscoprire appena possibile.
*****
Did you ever know in some deep down place,
that you are really something else.
And then, one day you stripped away that filthy
dead shell you walking around in and you are
reborn as something new, something
more beautiful than anything you ever imagine.
Trama
Howard
Holloway (Clark Gregg) è un agente per attori bambini a Hollywood. Fino alla
sua adolescenza è stato a sua volta un attore ma la sua carriera si è
interrotta improvvisamente proprio prima di approdare al grande successo. Trenta anni dopo Howard si destreggia con
fatica in questo mondo senza scrupoli cercando di mantenere la sua integrità,
corteggiando la sua bella vicina di casa Marcy (Amanda Peet), ragazza madre ed
ex cantante, sperando di scovare il prossimo grande talento hollywoodiano. Dopo
aver perso l’ennesimo cliente a favore del suo odiato collega Aldo (Sam
Rockwell), Howard conosce Lydia (Saxon Sharbino), una attrice tredicenne, ad
Hollywood con il padre Ray (Paul Sparks) per tentare di trovare un ruolo
importante. Tra i due nasce subito un forte legame ed insieme tentano di
ottenere il contratto in grado di cambiare la vita di entrambi. Ma quando
finalmente il successo sarà a portata di mano, qualcosa di inaspettato cambierà
per sempre la vita di Howard.
Recensione
Clark
Gregg, sceneggiatore, regista e protagonista, affronta con questo film la sua
seconda regia dopo aver diretto Soffocare
(nel 2008, tratto dal libro di Chuck Palahniuk) e alla sua terza sceneggiatura
dopo aver adattato proprio Palahniuk e aver scritto nel 2000 la sceneggiatura
di Le verità nascoste, diretto da
Robert Zemeckis. Scuola Mamet e con una solida carriera alle spalle (Hollywood, Vermont, The West Wing, La complicata vita di Christine), Gregg è diventato però
realmente famoso per dare il volto al cinema e alla tv al personaggio
dell’agente Phil Coulson nell’universo Marvel degli Avengers. Il ruolo dell’agente dello SHIELD, interpretato in
quattro film, due corti e una serie tv dal 2008 ad oggi, ha sicuramente
distratto l’autore dalla sua carriera primaria di sceneggiatore per la quale
negli anni Novanta approdava a Hollywood dalla scena teatrale di New York,
limitando i suoi lavori come autore e concentrandosi maggiormente nella
recitazione.
Già
nel suo film Soffocare, Gregg aveva
mostrato una delicatezza e sensibilità rara nell’affrontare il tema scabroso e
complicato del libro di Palahniuk, la dipendenza dal sesso, confezionando un
film divertente e profondo nel quale si era ritagliato un ruolo piccolo ma
particolare, quello di Sir High Charlie, responsabile di un parco a tema sulla
vita coloniale americana dove lavora il protagonista interpretato dal suo amico
Sam Rockwell che qui in Trust Me è di
nuovo antagonista di Gregg.
Alla
sua seconda prova registica Gregg si mette in gioco in maniera totale
sceneggiando una sua idea originale, dirigendola e mettendosi di fronte alla
macchina da presa in ogni scena. Una impresa che lungi dallo spaventare
l’autore gli consente di realizzare il film di una vita che, anche se
realizzato in maniera totalmente indie e low budget, riesce nell’impresa di
arrivare al cuore dello spettatore.
Ci
troviamo di fronte ad un film che è complicato raccontare senza rivelare le sorprese
nella trama: infatti, il film lavora molto sull’utilizzo dei generi, partendo
come una commedia romantica su questo personaggio che è il classico “loser”, un
perdente dal cuore d’oro che, come ogni sogno americano che si rispetti, sta
per ottenere la sua occasione. Ma con il passare dei minuti la storia si tinge
di toni da thriller e vira verso atmosfere molto dark, terminando con un tocco
onirico in una scena che apre e chiude il film che quindi si propone come un
lungo flashback. Ed è qui uno dei punti di forza del film, quello di spiazzare
lo spettatore (basta guardare il trailer del film o il poster promozionale per pensare ad una classica commedia hollywoodiana)
che non può non parteggiare per Howard essendo un personaggio pronto a fare
sempre la scelta giusta, dolce e romantico ma determinato nelle sue scelte che
pagherà molto care. Si inizia con un sorriso e si finisce con una lacrima.
E
il film ruota tutto intorno a Howard, come detto sempre in scena, che lo
spettatore impara ad amare già in apertura di film dove dolce e impacciato
tenta di corteggiare la sua vicina di casa. Nella scena successiva invece
capiamo subito dove si trovi Howard professionalmente, poiché in un mondo
glamour e che vive di sole apparenze guida una vecchia macchina ed ha un
cellulare che non funziona. Ma nel suo lavoro Howard è bravo e riesce a calmare
un suo giovane cliente preso da un attacco di panico prima di una audizione. Ma
la bravura non è la caratteristica necessaria a vivere con successo dove
contano solo i contatti e la mancanza di scrupoli.
Il
personaggio di Howard è costruito lungo tutto il film per contrasti: con Marcy,
la sua vicina, che ad una difficile e imprevedibile carriera da cantante
preferisce vendere macchine per mantenere il figlio laddove Howard si è tenuto
attaccato al suo passato e ai suoi sogni di successo; con Ray, il padre di
Lydia, che sembra tenere più ai soldi che alla figlia che tratta con violenza
mentre Howard assume da subito un atteggiamento dolce e protettivo nei suoi
confronti; con Aldo, il collega senza scrupoli, che è l’esatto opposto di
Howard, pronto a calpestare chiunque per i suoi scopi e senza nessun ritegno
nello sfruttare i suoi clienti; con
Agnes (Felicity Huffman) la produttrice che ha come obiettivo la sola
realizzazione del film e i soldi che in esso sono investiti mentre Howard, ad
un passo dalla realizzazione del sogno di una vita, rinuncia a tutto pur di
proteggere Lydia; e, ovviamente con Lydia stessa, che arriva a salvare Howard
che rivive in lei la sua adolescenza per poi rivelarsi la sua rovina.
Gregg
riesce a costruire Howard attraverso piccoli tocchi e scene che lo delineano
tassello dopo tassello come, ad esempio, la scena in cui racconta a Marcy della
sua passata carriera da attore adolescente e di come essa si sia interrotta non
per sua colpa e da allora si muove in quell’ambiente “come un fantasma”, sempre
ai margini del mondo che ha assaporato brevemente spinto da una madre non
particolarmente affettuosa. Oppure quando si scontra con la produttrice e per
un momento sembra vacillare e sembra pronto a sacrificare Lydia per poi
immediatamente fare la scelta giusta per la ragazza. E Lydia diventa il suo
specchio, spinta con violenza dal padre rozzo e alcolista, ma ricca di talento
e destinata ad una brillante carriera che però Howard non è disposto a farle
ottenere a costo della sua innocenza. La costruzione della relazione tra i due
è chiara già dalle prime scene del film quando Lydia difende Howard di fronte
al padre che lo vuole picchiare poiché pensa che la stia importunando. Poco
dopo in un ristorante i tre stanno discutendo il contratto di Lydia, che si
schiera ancora una volta dalla parte di Howard che il padre vorrebbe sfruttare sottopagandolo
per i suoi servizi. Il legame raggiunge la sua sublimazione quando Howard e
Lydia fanno la prima lettura del copione, creando un gioco di specchi tra i due
tra realtà e finzione cinematografica, dove ogni battuta del copione potrebbe
essere una battuta della loro vita reale.
Il
gioco di rimandi tra finzione e realtà accompagna tutto il film e il film nel
film, dove il tema è quello della trasformazione, seminando indizi come la
farfalla che vola di fronte ad Howard in apertura e che l’uomo ritrova negli
studios durante il provino di Lydia. Ancora un bambino con delle ali posticce
gli passerà davanti proprio nel momento in cui Howard penserà di aver scoperto
il segreto di Lydia. E non è casuale che Howard vada a teatro con Marcy a
vedere Le Metamorfosi di Kafka in
musical e che regali a Lydia un braccialetto con due ali d’argento. La trasformazione
è quella di Lydia che muta davanti agli occhi di Howard rivelando la sua vera
natura e quella dell’uomo che deve ancora comprendere appieno la sua vita che
sembra avvelenata da Hollywood (come dichiara nel breve monologo di apertura e
chiusura riportato ad inizio recensione).
Gregg
ha dichiarato in diverse interviste che la sua ispirazione non è stata su una
singola persona o situazione ma piuttosto sulla sua esperienza hollywoodiana
che ha mescolato e elaborato in questa dark comedy. E, ancora, ha dichiarato
che consigli sulla sceneggiatura gli siano arrivati anche da Joss Whedon in
persona (forse sul finale onirico?). Il punto è che comunque Gregg realizza un
film al contempo personale e generale sulla sua esperienza in un mondo dove
nonostante la sua recente fama riesce comunque a mantenere un profilo lontano
dal gossip e dalla parte più patinata (e artefatta) del cinema hollywoodiano.
Un film duro e crudele che mostra la parte peggiore del tradimento da parte
della vita e delle persone che amiamo o pensiamo di amare. In questa ottica
Howard è la vittima perfetta poiché resta ancorato al suo sogno quasi ingenuo
in un modo di finzione. In tutta la storia l’unica nota di vera speranza viene
dal rapporto tra Howard e Marcy, con l’uomo che riesce finalmente a chiederle
un appuntamento dopo un anno e mezzo di corteggiamento e con la donna che
dimostra essere la più concreta della coppia, affrontando i problemi quotidiani
con il sorriso sulle labbra, anche perché essendo madre deve necessariamente
mantenere un suo equilibrio mentre Howard sembra essere rimasto incatenato alla
sua adolescenza ed a ciò che ha significato.
Un
film genuino che vanta anche un ottimo cast composto in prevalenza da amici
dell’autore e che vede tutti in parte, con la Huffman sulle righe nella sua
parte di produttrice veramente senza scrupoli, la Sharbino quasi esordiente che
però riesce a tenere testa a Gregg per tutto il film e specialmente nella
struggente scena dove i due si confrontano sul retro del Chinese Theatre di
Hollywood (anche qui una metafora del dietro le quinte della fama dove resta
ancorato Howard) e un simpatico cameo di William H.Macy nei panni di un collega
di Marcy che cerca di spaventare Howard dal frequentarla.
Il
film non è ovviamente perfetto, specialmente dal punto di vista tecnico dove,
ad esempio, l’audio a volte non è perfettamente mixato o la fotografia di
alcune scene esterne è a tratti troppo luminosa e piatta, ma bisogna tenere
conto che il film è stato girato in venti giorni con un budget ridottissimo e,
soprattutto, è un film che si basa sulla scrittura dei personaggi piuttosto che
su scene di azione elaborate o effetti speciali che, infatti, compaiono solo in
due punti del film per disegnare le ali ai protagonisti.
Un
film sicuramente consigliato e che dimostra come le buone idee possano
sopperire alla mancanza di grosse risorse economiche.
Il
film ha girato diversi festival americani ed è disponibile On Demand su diverse
piattaforme come ITunes ma, per ora, solo in America ed è disponibile in DVD.
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