domenica 27 maggio 2007

Il western del nuovo millennio

Tra i generi che maggiormente hanno riscosso successo sul piccolo schermo, il western è quello che più ha risentito dell'evoluzione della serialità verso nuove forme narrative. Genere di grande successo negli anni '50, a differenza del western al cinema, in televisione viene abbandonata l’idea dell’eroe solitario a favore di una visione più familiare e, comunque, più sociale. Questo è dovuto alla necessità di espandere le storie in più direzioni per coprire le decine di ore che compongono una serie. Inoltre, il western è spesso associato ad una rappresentazione estremamente violenta della società, violenza non accettabile per una visione familiare come quella televisiva. Così, in televisione, il genere si declina più frequentemente con drammi familiari piuttosto che con epici scontri tra buoni e cattivi.

Per anni, poi, il western è quasi totalmente scomparso nella sua forma più classica al cinema ed in televisione. Negli ultimi anni, comunque, sono riscontrabili tentativi di alto livello per vivificare il genere: Deadwood (2004), prodotta dalla HBO, è creata da David Milch (nel suo curriculum capolavori come NYPD Blue e Hill Street Blues) e vede Walter Hill dietro la mdp nel pilot. Into the West (2005) è invece una mini serie prodotta dalla DreamWorks che vede il nome di Steven Spielberg tra i produttori.

Ma l'esempio più interessante resta la serie Firefly (2002) che ha dato origine al film Serenity (2005) entrambi di Joss Whedon (creatore di Buffy); la serie presenta una ibridazione tra fantascienza ‘alla Alien’ e western classico con tanto di rapina al treno e duelli al sole. Pur se il genere principale resta la fantascienza, sono forti i richiami al western nell’apparato iconografico e ideologico: il protagonista, il capitano Malcolm Reynolds, interpretato da Nathan Fillion, è diretto erede di tanti cowboys e sceriffi del west, leale e disincantato, forte ma non invincibile, con un passato che lo ha ferito e reso meno ingenuo senza perdere una necessaria dose di idealismo.
I richiami iconografici toccano anche il war movie, l’Hong Kong movie, il filone di fantascienza più classico che fa capo a Star Wars; insomma Whedon gioca con i generi prendendo ciò che è funzionale alla storia o semplicemente ciò che esteticamente arricchisce un personaggio.

Sulle serie sono stati pubblicati due volumi Official Companion con interessanti analisi dell'aspetto visuale della serie, il volume critico Finding Serenity a cura di Jane Espenson (già produttrice e sceneggiatrice di Buffy e Angel oltre che della stessa Firefly), e il libro in uscita a cura di Wilcox e Cochran Investigating Firefly and Serenity.

4 commenti:

Anonimo ha detto...

Mi permetto di dissentire: carino ed interessante Firefly, ma l'essere uscito dalla magica mente di Joss, non gli garantisce l'eccellenza. Raggiunta invece da una serie splendida come Deadwood!

Barbara Maio ha detto...

Io trovo Firefly un prodotto molto ben fatto che ha il suo punto forte nell'impatto visivo e nella scrittura (come sempre nei prodotti targati Whedon). Sicuramente la prematura cancellazione ne ha aiutato la affermazione come prodotto Cult.

Anonimo ha detto...

mah...la scrittura l'ho trovata più scricchiolante, preda della difficoltà di far uscire la serie e di farle trovare un'identità difficile...

Anonimo ha detto...

Io invece trovo Firefly un prodotto che in una manciata di espisodi arriva a toccare livelli pari a Buffy e Angel. Episodi come Out of Gas, The Message, Objects in Space e il pilota Serenity sono autentici capolavori. credo che se la serie fosse continuata avrebbe anche superato in qualità anche Buffy.