martedì 29 maggio 2007

The Television Kingdom

La mini serie danese The Kingdom (1994) di Lars Von Trier, padre del Dogma, racconta le vicende di un ospedale al centro di Copenaghen dove si muovono dottori, infermieri, malati e spettri. La cifra stilistica scelta dal regista è quella che verrà codificata un anno più tardi dal manifesto Dogma 95: macchina da presa a mano, fotografia sgranata, montaggio nervoso. Contemporaneamente, però, The Kingdom è quanto di più lontano si può immaginare dal Dogma poiché utilizza la narrativa di genere, effetti speciali, effetti di postproduzione che determinano l’immagine sgranata, stile dovuto alla ripresa in 16mm trasportata su videotape ed infine riversata su 35mm. L’effetto è quello di una fotografia monocromatica ibridata con l’estetica documentaristica utilizzata nella serie.



Ma a parte le radici del Dogma, questa serie risulta interessante per la localizzazione: molti stacchi tra una scena e l’altra vengono scanditi da ampie panoramiche sull’ospedale che diventa protagonista accanto ai personaggi. A parte poche incursioni a Tahiti, tutta la serie è ambientata all’interno dell’edificio ospedaliero, nelle sue stanze, nei suoi uffici e, soprattutto, nei suoi sotterranei intrisi di mistero. Le inquadrature sull’ospedale legano il luogo alla storia ed identificano l’ambiente cittadino nel quale l’ospedale è collocato. Che siano inquadrature diurne o notturne, l’ospedale è sempre rappresentato con uno sguardo tetro e triste ma perfettamente integrato nel conteso cittadino.
Non è casuale la scelta di Von Trier di enfatizzare l’importanza dell’edificio poiché questa storia ruota intorno ad esso e non sarebbe pensabile in un altro contesto. L’ospedale con i suoi due livelli sottolinea questa struttura binaria della storia tra passato (il prologo che descrive l’origine del luogo) e presente (la storia narrata), scienza (la medicina) e magia (le riunioni massoniche tenute nei sotterranei), mondo fisico e spirituale.

Nel momento in cui Von Trier accetta di trasferire la stessa storia in America con Kingdom Hospital (per la ABC), le cose cambiano: il nome del regista danese compare nel team di produzione ma la versione statunitense appartiene ad un altro autore, lo scrittore Stephen King. Già autore e produttore televisivo con l’adattamento per il piccolo schermo di The Shining (1997) e Rose Red (2002), King decide di cimentarsi in un’opera non originale. La versione statunitense viene ambientata nel Maine (ma girata in Canada) partendo, quindi, già da una scelta fortemente autoriale. Infatti, l’ambientazione cambia totalmente il punto di partenza della storia: le inquadrature sulla tetra e piovigginosa Copenaghen vengono sostituite da panoramiche sull’ospedale immerso nel verde.
L’atmosfera resta comunque inquietante ma cambia il mezzo attraverso cui l’inquietudine viene trasferita. La scelta di King è a lui strettamente legata, una preferenza per le location provinciali che si rivela anche nei suoi libri. Il remake non diventa quindi un puro esercizio di stile ma un mezzo per King per continuare ad esplorare le sue paure. Ed è una scelta fortemente americana poiché la ritroviamo in David Lynch (Twin Peaks) e Sam Raimi (American Gothic) solo per citarne due e tipica di un fruttuoso filone cinematografico che va da The Texas Chainsaw Massacre (Tobe Hooper, 1974) a Jeepers Creepers II (Victor Salva, 2003, prodotto da F.F.Coppola), da Un tranquillo weekend di paura (John Boorman, 1972) a Wrong Turn (Rob Schimdt, 2003), da Le colline hanno occhi (Wes Craven, 1977) a La casa dei 1000 corpi (Rob Zombie, 2003).

Un interessante saggio su The Kingdom è reperibile nel libro Serial Television; segnalo poi questo saggio apparso su Sense of Cinema e questo apparso su Kinoeye, mentre su Kingdom Hospital segnalo un articolo del TIME, questa intervista al produttore esecutivo della serie, Mark Carliner, apparsa su scifi.com e questo articolo su Msnbc.

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